Riflessioni Sulla Psicologia Transpersonale

17.01.2012 12:38

Mythos: Anima e Serpente delle Origini: La coscienza monoteistica cristiana e l'occultamento dell'anima inconscia. Settembre 2011

 

 

"La Chiesa con il suo monoteismo giudaico cristiano ha sconsacrato e bypassato il mythos e la sua teologia dell'anima sostituendola con una teologia dello spirito spaccato in due dal dualismo materialistico e dalla scissione cartesiana della realtà in cui il cristiano rimane fanaticamente accecato dall'ossessione e dal problema etico del bene e del male. La ricerca teleologica del mythos va ben oltre e sconfina in quel plurivariegato pantheon che riconduce l'uomo religioso alle radici di quella straordinaria diversità dell'anima plurivariegata che risiede nella dimensione archetipica del Sè".

 

L'alienazione dal mythos e dalla sua matrice psichica per opera del mito giudaico cristiano, ha portato ad una progressiva emancipazione egocentrica della realtà.

La trappola materialistica improntata sulla dogmatica cristiana nella radicale scissione tra il bene ed il male, ci porta a pensare ad una lotta tra quelle istanze psichiche che Freud ha denominato Es e Super-ego.

La kerigmatica cristiana preme su una Teologia della finitezza umana arresa alla communio con un dio buono, privato del male. Ma è proprio l'unilateralità che porta verso il bene ad accentuare la distanza tra gli opposti irreconciliabili.

Bene e male sono sul loro piatto della bilancia finché la coscienza non li separa, come contrappeso dell'uno e dell'altro. Quando il principio di compensazione fallisce, esso porta all'unilateralità, ad un monoteismo della coscienza basato sulla morale ontologica e la coscenza del peccato.

Ma dove se lo va a cercare il cristianesimo il male? Non potendolo cercare nel dio teologico per via di un unilateralità del bene, di quel summum bonum della coscienza separatrice dualistica, esso lo va a cercare nel serpente sfiduciario del bene, quel serpente che osa tentare Adamo ed Eva nell'Eden, identificandolo con il principio di Satana.

Ma c'è qui un pericolo di traslitteralizzazione. Se quel male è il Serpente, esso non è altro che quell'insorgere, quell'emergenza dell'anima inconscia bypassata e seppellita dal mito cristiano ma che ci viene a parlare, proponendoci il vero mito delle origini, ossia ci conduce ad un antica preistoria dell'anima, quella componente animistica arcaica e primitiva che ha finito per subire un ripudio dalla coscienza razionale monoteistica.

Questa componente dell'anima defraudata ci parla di un altro mito, un mito che era prima ed anteriore al cristianesimo. Un mito fatto di dei e divinità. L'antropocentrismo monodirezionale cristiano ha represso questo mito dell'antichità relegandolo al fenomeno del paganesimo.

Lo gnosticismo del II sec. d C. proponeva assieme al mito cristiano una reviviscenza neo-pagana. Gli ofiti adoravano il culto del Serpente, simbolo di conoscenza in cui identificavano il Cristo, l'eso anthropos.

Il Serpente era quindi un messaggero ermetico di un antico sapere inviato per illuminare Adamo ed Eva dall'errore di essere assuefatti ad un finto dio, Ialbadoth, il dominatore terreno.

Giuda è una causa di salvazione come il serpente è causa di un risveglio all'illuminazione ed alla conoscenza. E' un corpo costitutivo delle origini anteriore al processo di separazione del bene e del male. Era il compito della chiesa quello di attuare una mistificazione del serpente portatore dell'anima antagonista dello spirito.

L'antimonium pneuma è proprio la Chiesa che ha scisso l'altra componente, l'anima dallo spirito teologico. Se avevamo assistito ad una narrativa dell'anima mitica che si riversava nella Grecia ellenistica, nel mito egizio dell'oltretomba ed in quello babilonese e mesopotamico e poi gnostico-alchimistico, possiamo pressappoco notare che quella teologia dell'anima è andata gradualmente a consegnarsi ad una teologia dello spirito.

La tradizionale problematica occidentale di scissione tra materia e spirito ha avuto poi il valido apporto del meccanicismo cartesiano e cioè una scissione tra res cogitans e res extensa.

La tradizione cristiana sovraccentua il problema di una scissione dualistica tra materia e spirito, che nell'alchimia era risolta con il simbolo del mercurius duplex, la medicina catholica, veleno e panacea che univa l'antimonium pneuma alla materia.

La spiritualizzazione dell'ego, lo si rivede nel theos cristiano. La scissione tra la componente inconscia animistica e lo spirito è pesata a favore di una progressiva emancipazione dell'ultimo, radicato però nella coscienza egoica come suo perfetto sostituto e rappresentante. Degno rappresentante e proiezione di questa coscienza grandiosa dell'ego, il dio cristiano non può essere altro che unilateralmente buono. Si richiede però un sacrificio. Un sacrificio dell'anima. Un sacrificio di quella componente inconscia, l'Es, l'istinto, la pulsione di morte che regola il thanatos ed il desiderio di disfarsene nell'uomo.

Ma thanatos è l'Ade, l'oltre tomba dell'anima che reclama a pieno diritto la sua voce come messaggero Mercurio, mediatore dell'Aldilà.

Il mito viene a parlare con altre voci, tappate dal mitologema cristiano. Voci che risuonano nell'oltre tomba, nelle stanze oracolari, nei sanctia sanctiorum egiziani.

Voci che risuonano nell'eco degli abissi della Nekya, il viaggio del mito solare ingoiato a mezzanotte, nel mare e nel corpo della luna. Voci che parlano di gesta di eroi che risuonano nell'alchimia medievale, che non si preoccupava tanto di redimere l'uomo da dio ma quanto di redimere il dio fatto prigioniero nella materia. Una condizione in cui si riversa l'uomo oggi, accecato dall'unilateralità dogmatica del mito cristiano.

Se l'anima ci parla, se essa sussurra i propri dèi suffragati dal mito cristiano, unus et trinus, simbolo che dà promesse di redenzione per un umanità che ha spodestato l'altare degli dèi ma nessun adito di certezza per un anima che reclama il suo status divino.

Ecco che il serpente della tentazione non si rivela altro che il simbolo costituivo delle origini, caduceo di Mosè e simbolo di mediazione, quella mediazione simbolica che troviamo nell'immolazione di Cristo sulla croce. Il serpente si spoglia e si riveste di nuova pelle, così fa il Cristo.

Come simbolo della totalità che connette l'Adam Secundus Cristo all'Adam Primus dell'Eden, non può permettere nessuno slancio al futuro se non prima un ritorno alle origini, all'Adam Kadmon delle sephirot cabalistiche.

Il serpente ci riconduce ad una primitiva preistoria, ad un ritorno alle origini, dove l'anima pulsava nel mythos, prima di essere radicalmente scissa da questi. Il mito cristiano ha adoperato tale scissione, la sua morale dogmatica, la coscienza del bene separato dal male, l'antropocentrismo dell'ego sulla componente inconscia ha provocato il divorzio tra anima e spirito, sostituendolo nella sua esasperata dialettica antinomica e nell'increspato irriconciliabile divario tra fede e ragione.

Così quest' antimonium pneuma, il mito monotematico che stiamo vivendo risalta solo un tipo di apocatastasi eroica, quella di Cristo, simbolo redentivo dell'umanità e magnete psichico per essa come direbbe Jung.

Ma la vera apocatastasi è mercuriale come rilevarono gli alchimisti e come ha fatto notare lo stesso Jung identificando Cristo con lo Spirito Mercuriale, serpente ed unicorno, il cervus fugitivus.

La prima trasposizione di Cristo trasmessa tra i circoli gnostici era quella del serpente. Nel ruolo di salvator è il soter salvifico della conoscenza. Ireneo e Giustino si difendevano da quelle che erano allora e tutt'oggi considerate "eresie" gnostiche di un Basilide o dalle scuole valentiniane e dei loro sistemi scendendo ed attaccandoli sul loro stesso terreno in modo da allontanarli e scongiurarli preventivamente, salvando così la chiesa da quella presunta teologia eretica.

Il modo di scongiurare l'etedorossia di una teologia negativa e di un agnosia divina, era il modo per riparare alle coscienze ottenebrate dall'ambivalente scissione del bene e del male e differenziando un dio buono dal tremendum come quello clementino, la Chiesa poteva così adottare un indottrinamento verso la separativa coscienza etica.

Ma il filo conduttore resta pur sempre quel serpente che ci riporta alle radici arcaiche a ciò che Hillman definisce la simia dei, l'uomo primordiale, il gibbone, che è stato espulso dalla coscienza moderna e che ritorna ad illuminare l'umanità sulle origini, costituendosi vera apocatastasi anteriore a Cristo.

Il gibbone fa breccia nell'umanità e la riconnette alle sue radici ancestrali. Come Thoth volge al passato, come uno scriba proiettatosi all'indietro per aprire un ponte tra il mondo dei vivi e quello dei morti che risuonano dall'oltre tomba mitico.

La simia dei fa breccia nell'umanità come il soter cristico che manifestandosi serpente interroga l'uomo sulle origini. Quale anima degli antichi richiama al mythos, liberando quella stretta separatrice dualistica dell'anima occidentale e guarendola dalla sua frammentata realtà la riconduce all'Uno, sintesi ma anche antitesi.

Satana riconduce l'uomo alle sue origini liberandolo da un inibizione egocentristica e dirigendolo come traghettatore verso quella tumultuosa Ade dell'anima.

L'anima guarisce nell'apocatastasi che sia un apocatastasi eroica o salvifica, ma pregna comunque di mitologia. Se espugniamo la mitologia dalla storia e dalla religione, come quell'antinomico diniego che la Chiesa ha dogmaticamente attuato, non facciamo altro che seppellire quell'antica mitologia che va per essere ascoltata, quale degna rappresentante dell'anima anziché essere declassata da un antimonium pneuma unilateralmente buono che non fa più posto all' inconscio, sede creativa dei miti.

L'iter religioso occidentale è la scissione della coscienza dall'inconscio, dell'emancipazione egoica ed antropocentrica attraversata dalla storia a scapito dell'antico, dell'emancipazione da questo antico contenitore di misteri e leggende ed alla promozione unilaterale della coscienza super-egoica, autoritaria e moralistica.

I multicolori caledoiscopici, la cauda pavonis alchimistica del mito sono diventati uno scenario in bianco e nero miserevolmente povero in cui si identifica l'occidente, poichè Satana come artefice del male porterebbe una separazione che però a ben guardare era già avvenuta nella coscienza allorché separandosi dalla matrice inconscia.

Risolvere coscienza e inconscio in una coniunctio oppositorum è non solo il compito per una dialettica junghiana terapeutica di avvicinamento all'inconscio collettivo ma anche il compito per una coscienza religiosa che riconosca il contatto con l'anima delle divinità. Una coscienza che venga toccata da quel potere numinoso e non se ne disfi perentoriamente deflazionandolo psichicamente ma lo porti alla sorgente del proprio telos, della propria sintesi teleologica.

La materialità psichica regna ambivalente nelle coscienze, ed il cristianesimo è comunque artefice e promotore di questo dualismo. In un mondo che non vede altro che materia nell'opposizione allo spirito, è stato tralasciata una dimensione spirituale importante e profonda: la dimensione dell'anima. Quella dimensione che è atta a riconoscere la propria matrice archetipica senza diniegarla a dispetto dello spirito. Se questa matrice di miti non è riversata in un adeguata comprensione dell'anima ecco che al contrario si riverserà compulsivamente nel sintomo e nella patologia. La psicosi è un prezzo da pagare nell'aver toccato il regno dell'anima ma non averlo potuto integrare nello spirito. E' questa mescolanza di anima e spirito che richiama all'alchimistica connessione Hillmaniana tra sale e zolfo. Ed è una connessione di fondamentale importanza per la psichizzazione dell'uomo occidentale, per il suo ritorno archetipico al Sè, a quel processo di individuazione teleologica che riporti ad un equilibrio necessario, ad un senso più allargato del significato e della sua dialettica di polarizzazione spalancatisi ad un più ampio progetto del Sé.

Il Sé rivendica quella dimensione complementare, quella coincidentia oppositorum che necessita il recupero dell'anima.

La dialettica dell'ego è il risultato di una propaganda cristiana volta ad un antropologia del divino Io/Dio piuttosto che ad una riconsiderazione del Dio nel Sé.

La dialettica opposta cristiana è nella finitezza di un ego che piuttosto che rispecchiarsi nel Sé divino, ingaggia una lotta dualistica tra Eros e Logos.

Al centro di questa dialettica la teologia non promette nessun posto all'anima/eros perché defraudata e respinta a causa di Logos.

E la dialettica non offre soluzioni se non si riconsidera Eros come interlocutore privilegiato di Logos, di un dio e di una religione che deve inserirsi nelle dimensioni dell'anima se vuole realmente comprendere il suo linguaggio. Un linguaggio che riporta la mitologia come motivo portante per una riconnessione simbolica al Sé ed al suo rappresentarsi nell'anima dell'inconscio.

 

Diego Pignatelli Spinazzola

 

 

Bibliografia

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